Giocatore italiano

Battillani Giulio


Interno della Robur Parma e quindi dell’ANMI Pandea. Secondo nella graduatoria della “Mazza d’Argento” nel 1966 (MB..391.)


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CRONACHE DI UNA VITA NEL BASEBALL

di

FRANCO LUDOVISI

All’epoca delle Fiamme D’Oro il Tenente Caudullo fungeva da Direttore Sportivo delle stesse e scorrazzava in lungo e in largo per l’Italia alla ricerca di giocatori disposti a venire in Polizia a giocare a baseball.                                                                                        

Alcuni nominativi li aveva avuti dal suo staff, ma altri li otteneva lui con informazioni sue.

Un giorno ingaggiò un ragazzo, già poliziotto, perché aveva dichiarato che lui,“con quella palla lì avrebbe spaccato un mattone da (distante) quaranta metri” e lo portò da me che ero l’allenatore, per un provino: il ragazzo venne utilizzato costantemente per la manutenzione del campo!

Così quando Caudullo ci recapitò da Parma tale Battilani Giulio a me sconosciuto  lo interrogai per saperne qualcosa di più e lui affermò con sicurezza che la sua media battuta superava i seicentonovanta, che in terza, al Cittadella, non passava nessuno e che sulle basi, provare per credere, nessuno filava come lui.

Le cose non stavano così anche se mediamente Giulio era un buon ed affidabile giocatore.

La sua media battuta la riducemmo da 690 a un più veritiero 69.

Noi lo chiamavamo “Bombè” perché questo era l’intercalare che Battilani usava mettere nelle sue espressioni per significare una cosa grande, importante: come a dire molto. “Bombè, prendi quella palla più a destra!”,  “Hai fatto colazione Bombè?” e così via.

Il carattere di Giulio era fantastico: allegro, positivo, sempre disponibile e buono.

I ragazzi del quartiere dell’Oca, fuori Lame, venivano chiamati Topi Grigi per via delle loro condizioni di vita in povere case, con proventi a volte non troppo leciti e situazioni familiari precarie a dir poco; ma si erano appassionati al baseball e venivano a giocarlo nel nostro campo quando era libero dai nostri impegni.

Loro ci chiedevano di insegnarglielo, ma molti di noi erano riluttanti a prendersi a mano quei ragazzini. Non così Giulio: lui imponeva delle regole e, se queste venivano rispettate, lui si metteva ad allenarli.

Li mandava a sue spese dal barbiere di fronte alla caserma per essere tosati “corti” come i veri giocatori di baseball; li costringeva a fare la doccia al termine dell’allenamento mettendo a disposizione sapone ed asciugamani suoi; dava il suo “supplemento vitto” consistente in biscotti “Osvego” ai suoi ragazzi e li allenava con costanza ed allegria.

Da quel primo vivaio di giovani salterà fuori anche un certo Alberto “Toro” Rinaldi. Una sera a Parma passo davanti ad un gruppo di bambini che sono in attesa dell’inizio della partita che anch’io sono venuto a vedere ed il loro accompagnatore li zittisce e richiama la loro attenzione dicendo: “Ragazzi, guardate quell’uomo che sta passando” e indica il sottoscritto. ” Quello è il più grande allenatore del mondo!!”

L’accompagnatore era naturalmente Battilani, legatissimo a me, che non mi stupì però per l’esternazione: mi stupì che nelle sue parole non fosse entrato nemmeno un “bombè”.      

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