Fante Jim
Il baseball e mio padre: un grande amore Intervista a Jim Fante
di Ignazio Gori
Abbiamo intervistato Jim Fante, figlio del grande scrittore e sceneggiatore di culto John Fante (Denver, 1909 – Los Angeles, 1983) nella cui opera narrativa il baseball ha spesso ricoperto un ruolo fondamentale (https://www.museodelbaseball.it/articles/john-fante-e-il-baseball-come-sogno). Jim e sua sorella Victoria Fante Cohen si prodigano da sempre per preservare il ricordo di loro padre e lo studio dell’opera fantiana attraverso molte iniziative e festival culturali, tra i quali il “John Fante Festival” che si tiene ogni agosto a Torricella Peligna (CH), in Abruzzo, paese natio del padre di John.
JF. Prima di tutto vorrei ringraziare te e il Bar del Baseball per questa intervista, sono infatti molto contento di rispondere a queste domande, il baseball era lo sport preferito di papà e ogni volta che mi capita di vedere questo sport o di parlarne il suo ricordo si fa più vivo che mai.
Partendo da “Aspetta primavera, Bandini” e soprattutto da “1933. Un anno terribile” che ruolo ha rivestito il baseball nel mondo trasognato di tuo padre? JF. Non è così semplice rispondere a questa domanda, ma per prima cosa occorre dire che lui, quando era molto giovane, voleva diventare un giocatore professionista, come tanti altri ragazzini americani, però non ho mai riscontrato in mio padre la frustrazione di non esserci riuscito. Nonostante questo sogno infranto, papà ha continuato per tutta la vita a seguire il baseball da vicino, divertendosi a guardare le partite di Major Leagues e avviare dibattiti interessanti da vero esperto.
Il primo ricordo legato al baseball? JF. Una delle primissime cose che ricordo è mio padre che mi insegna a leggere un box score. Ogni giorno, durante la stagione, controllavamo il box score del Los Angeles Times e discutevamo dei risultati delle partite … Per ogni autentico fan del baseball la lettura del “tabellino” è un atto quasi religioso.
Per i giovani italoamericani, spesso il baseball ha rappresentato una chiave di rivalsa sociale. La pensava così anche tuo padre? JF. Non credo che ci fosse una reale connessione tra il baseball e la rivalsa sociale nei pensieri di papà. Lui ammirava il giuoco in senso puro, scevro di connessioni ideologiche. Amava gli eroi di quegli anni, il grande Ty Cobb, che era il suo giocatore preferito. Ty arrivava sparato in seconda base scivolando con gli spikes (tacchetti) alti. Se tentavi di eliminarlo rischiavi di ferirti di brutto. Papà ammirava quel tipo di ferocia sportiva e ne parlava spesso con grande entusiasmo.
C’erano anche altri giocatori che ammirava particolarmente? JF. Ty Cobb, come ho detto, è stato probabilmente il suo idolo incontrastato. Ma lui ha ammirato molto anche Sandy Koufax, Jackie Robinson, Richie Ashburn (https://www.baseball-reference.com/players/a/ashburi01.shtml), Willie Mays, Roberto Clemente e ovviamente, tra gli altri, Joe Di Maggio.
Frugando tra le referenze su internet ho trovato questa foto (sotto), alquanto sfocata, ma non sono sicuro si tratti di un ritratto di John Fante. Conosce questa foto? Se sì, a che periodo si riferisce? JF. Sì, è proprio papà il giocatore ritratto nella foto. Non sono sicuro, ma credo che lo scatto risalga al periodo della Regis University in Colorado. Non è restato lì a lungo a causa di problemi finanziari.
Oltre al baseball tuo padre era uno sportivo a tutto tondo … JF. Sì, certo, anche se non riuscì a diventare un professionista nel baseball era un feroce competitore sportivo. Ha giocato come quarterback nella squadra di football americano del suo liceo e partecipava inoltre a incontri di pugilato a premi, nei bar intorno a Denver e Boulder, in Colorado, anche se non amava vantarsi di questo.
Quando eri piccolo tuo padre ti portava a vedere le partite dei Dodgers? Hai ricordi di quel periodo? JF. Ricordo che papà fu molto contento nel 1958 del trasferimento dei Dodgers a Los Angeles; era davvero elettrizzato di poter vedere dal vivo le partite delle Major Leagues nella sua città. Attraverso gli anni andammo insieme a tantissime partite. Il suo agente aveva spesso i biglietti per la stagione e noi ci andavamo con lo sceneggiatore Rod Serling (Syracuse, 1924 – Rochester, 1975) scrittore e sceneggiatore, principalmente noto per aver creato la serie televisiva antologica Ai confini della realtà.) e altri amici. Io e papà comunque andavamo anche alle partite di basket e football della UCLA e USC (University of Southern California), così come non ci facevamo mancare i Los Angeles Rams e i Lakers ovviamente, e gli incontri di boxe più importanti. Una volta abbiamo visto il giovane Cassius Clay mettere al tappeto Archie Moore. Un altro grande ricordo è stato vedere la prima grande squadra di basket della UCLA, guidata dal “guru” John Wooden, che vinse 30 gare consecutive e il titolo nazionale, era la squadra di Lew Alcindor, al secolo Kareem Abdul-Jabbar. Ah quanti ricordi di sport mi legano a mio padre! Il tema dello sport nella vita di mio padre è stato centrale nella mia educazione. Papà è stato un grande estimatore di quegli sportivi che si impegnano molto e lavorano duro. Vorrei dire ora una cosa che magari non tutti sanno, il suo atleta favorito in assoluto è stato un giocatore di golf messicano-americano, Lee Trevino. Era piccolo di statura come mio padre e di umili origini, ma riusciva a superare chiunque con il suo duro lavoro tanto da essere considerato forse il miglior giocatore di golf di sempre …
Ah, questo non lo sapevo … JF. Ma tornando al baseball, che sempre rimarrà il più grande amore di papà, vorrei dire di mio figlio, Damian Fante capace di essere selezionato come All-star e restare per quattro anni titolare della squadra di baseball della University of California San Diego. Evidentemente il baseball è nel sangue di famiglia e mio padre John sarebbe stato orgoglioso di lui!