Sacchi Don Sergio
Don Sergio Sacchi, tra fede e baseball
Nato a Parma il 12 ottobre 1935, Don Sergio Sacchi è uno di quei personaggi che sembrano usciti da una poesia del poeta parmigiano Attilio Bertolucci, una di quelle persone che ti fanno amare il baseball ancora di più. Sacerdote dalla grande capacità di ascolto e saturo del più nobile sentimento della carità, è stato amatissimo dalla comunità di Parma, una delle “capitali” del baseball italiano, anche perché Don Sergio, oltre alla fede religiosa, nutriva un’altra fede, più terrena, quella appunto per il batti-e-corri. Aiutando i ragazzi di strada, i poveri e i tossicodipendenti delle zone più disagiate della città ducale e dintorni, nonché gli immigrati, Don Sergio ha prestato servizio a Baganzola, e poi in più parrocchie, a San Vitale, a Santa Maria del Rosario, per finire a Fontanellato e a Gaiano. Simpatico e rigoroso, proprio come il personaggio di Fernandel della serie di Don Camillo, Don Sergio è stato artefice di un vero e proprio “miracolo” sociale, usando lo sport come amoroso veicolo di colloquio con i ragazzi, come collante della comunità e come parafrasi della “giusta via” – proprio come padre O’Malley (Bing Crosby) fece attraverso la musica, nel capolavoro di Leo McCarey Going My Way (La mia via, 1944).
Quando Nino Cavalli portò il baseball a Parma nei primi anni ’60, la città se ne innamorò da subito e il merito fu anche e forse soprattutto di Don Sergio che, rapito da questa nuova e affascinante disciplina, coinvolse i ragazzi di Via Isola – dove si trovava la parrocchia di Santa Maria del Rosario – fondando la Sezione Baseball dell’Astra, una polisportiva che già dal 1948 aveva una sezione dedicata ovviamente al calcio. Da qui nasce la storia del baseball a Parma, una storia che meriterebbe forse un film, per via di quel romanticismo capace di dare allo sport un’epica sociale unica. Mazze e vecchi guantoni furono forniti dalla base NATO di Vicenza e il resto fu racimolato tra il mercato all’aperto della “Ghiaia” e altrove, come meglio si poteva. La squadra rionale crebbe, suscitando l’interesse di tutta la città ed esigeva un “diamante” che fu costruito a ridosso delle case popolari di Via Isola: forse l’unico campo da baseball parrocchiale d’Italia, il primo sicuramente. Su questo piccolo ma caldo “diamante” nacquero e si formarono grandi giocatori, che Don Sergio vide crescere e sbocciare, Giorgio Castelli su tutti, ma anche Claudio Iaschi, Giorgio Montanini, Claudio Corradi, Stefano Desimoni … una serie di campioni destinati a vestire la casacca della Nazionale azzurra; una generazione che è stata il vanto sportivo della città di Parma per decenni.
Don Sergio, con la sua aurea magica, seppe coinvolgere anche gli stranieri, gli americani e gli oriundi che nel corso degli anni vennero a giocare a Parma, tra tutti Ron Coffman, fervente cristiano di San Francisco e Bob Ciccone, campione dedito alla carità, tanto che una volta tornato negli Stati Uniti continuò a svolgere assiduo lavoro di volontariato nella comunità religiosa di New York dov’era cresciuto.
Don Sergio non era solo un appassionato, ma figura attiva nel mondo del baseball, tanto da essere scelto dai vertici federali come accompagnatore della squadra italiana al “Mundial Juvenil Under 12” disputato in Messico nel 1977. Con il suo smisurato entusiasmo, Don Sacchi fece bene come pochi altri alla comunità di Parma allo spirito del baseball. Non potendo non innamorarsi forse dello sport più “spirituale” che ci sia, Don Sacchi ci ha lasciati il 7 Giugno 2018, lasciandoci in eredità una passione e una fede contagiose. (Ignazio Gori)