Società

Germal


Ditta di produzione di mobili di proprietà dei fratelli Salvarani. Fu sponsor del Parma Baseball dal 1976 al 1979 vincendo 2 Scudetti (1976, 1977), periodo fruttuoso condito anche da due secondi posti (1978, 1979).

Le grandi squadre -  di Giulio Montanini

Germal vuol dire organizzazione in senso professionale, significa primo scudetto a Parma; Germal cioè: monte di lancio, buona difesa e un attacco in grado di mettere chiunque sotto pressione. Organizzazione perché non esiste termine più preciso per indicare il lavoro di una società strutturata nei minimi particolari, nella quale ognuno aveva un ruolo ben preciso, in cui il lavoro fatto per il presente era sempre proiettato verso il futuro, il tutto sotto la guida di colui che la stampa definì “il pianeta presidente” Aldo Notari. Germal ovvero grande mentalità vincente, badare al sodo; l’unico giudice veritiero era il campo e qualunque fosse il risultato che questi decretava era subito storia, bisognava lavorare duro per migliorare ulteriormente. Germal, la vittoria di una città che da tempo aspettava questo risultato, una città che si è sempre stretta attorno alla squadra con una massiccia presenza alle partite; presenza che ha avuto dell’inverosimile in occasioni da special guest, come quando si giocò contro l’Arizona University fresca vincitrice del campionato americano delle grandi università, o durante gli incontri con la nazionale messicana, per citare infine lo storico scontro con gli Haarlem Nicols durante la coppa dei campioni. Germal è Mario Salvarani, uno sponsor dinamico e appassionato che ben presto ha abbandonato questa etichetta per quella più importante di amico della squadra. Germal, la squadra delle 51 vittorie su 54 gare, la compagine che è riuscita a vincere 35 partite consecutive. Lavoro duro in allenamento per poi divertirsi durante la partita, squadra innanzi tutto, giocare ogni volta contro l’avversario baseball, erano i “credo” dei giocatori. Giochi semplici, esecuzione dei fondamentali, prendere l’out sicuro e soprattutto tenere il punteggio basso per non essere mai fuori dagli affari significava difesa, “green machine” voleva dire attacco: questa era la filosofia di gioco. Greg Gioia il bambolotto, Dan Miele il gentiluomo erano gli aces di un monte di lancio che ha visto impegnati anche Giacomo Bertoni e Claudio Moretti oltre ai giovanissimi Stefano Manzini e Massimo Cardinali. Carlo “el cabrito” Guzman ovvero dammi un guanto che voglio giocare, Tony D. (di santo) cuore e grinta che trasmetteva a tutta la squadra, campioni dotati di una versatilità fondamentale nell’economia di una compagine vincente. Ronald Floyd Coffman – come ti gioco la palla nel buco-, il cavallo, l’esempio, il leader, un atleta che univa all’indiscussa abilità tecnica una carica umana da meritare un posto nei ricordi di coloro che lo hanno conosciuto dentro e fuori dal campo. Roberto “bob” Ciccone il fenomeno, uno dei pochi esterni centro visti sui diamanti italiani. I regolari che davano una grande sicurezza a tutto l’ambiente Sal “flash” Varriale, Gigi Ugolotti, Luciano “paco” Dall’Ospedale assieme ai giovani e giovanissimi Fabrizio Fornia, Claudio “speedy” Cattani, Claudio Corradi, Edoardo “dado” Gastaldo, Franco Bardiani, Andrea Savani.Infine, ma non certamente ultimo Giorgio Castelli, il principe, the living legend, il giocatore italiano più prestigioso che si sia visto sui diamanti.

Questa era la rosa dei campioni d’Italia del ’76, di una squadra che in quattro anni ha vinto due scudetti, si è classificata due volte seconda vincendo due Coppe dei Campioni. Una squadra che ha concretizzato il lavoro di una società e che ha creato una “cultura baseballistica” che ha fatto di Parma uno dei centri più importanti del baseball italiano ed europeo.

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